La nipote del “lider maximo” Fidel e figlia di Raul compie un gesto mai visto sull’isola: ha votato contro una legge sulle discriminazioni sul lavoro. Per alcuni osservatori può essere il “primo passo verso altre iniziative democratiche”
L’AVANA – Un “no” al Parlamento cubano, nonostante il peso molto relativo di questo organismo a L’Avana, non si era mai visto. O almeno, nessuno storico lo ricorda. Eppure qualcosa sta cambiando. Perché oggi si è avuta notizia che per la prima volta nella storia dell’Assemblea Nazionale di Cuba – che conta 612 deputati ma non un’opposizione – una legge del regime dei fratelli Fidel e Raul Castro è stata approvata con un voto contrario. Insomma, niente a che vedere con le unanimi e allineatissime alzate di mano che si vedono due volte all’anno, quando i deputati si riuniscono molto rapidamente.
La Castro ribelle. Ma c’è un’altra notizia. Perché il voto contrario, lo scorso 20 dicembre (ma si è saputo solo oggi), lo ha espresso niente meno che Mariela Castro. E cioè dalla figlia di Raul, nonché nipote del “lider maximo” Fidel. La quale, di recente, è stata inserita da una tv sudamericana tra le vittime del recente schianto dell’aereo Air Algerie in Mali, anche se era tutto falso. La Castro, psicologa, presidentessa del Centro Nazionale di Educazione Sessuale di Cuba e storico difensore dei diritti degli omosessuali e dei transessuali, ha rotto un tabù storico dell’isola perché si è opposta a una legge sul lavoro che, secondo lei, non conteneva i provvedimenti necessari per prevenire adeguatamente discriminazioni sessuali o nei confronti di impiegati infetti da Hiv.
“Solo un primo passo”. “E’ la prima volta che accade, senza dubbio”, ha dichiarato alla Associated Press Carlos Alzugaray, storico ed ex diplomatico cubano. In passato, nonostante diverse proteste pubbliche contro alcune leggi (vedi l’ultima sulla previdenza), mai si era verificato un voto contrario in Parlamento. Secondo lo studioso Arturo Lopez-Levy, anche lui sentito dall’Ap, “è un primo passo che potrebbe aprire ad altre iniziative importanti”. Non a caso, pare che Mariela Castro abbia chiesto un’ulteriore discussione in Parlamento sul tema. E in un’intervista concessa qualche settimana fa al blogger Francisco Rodriguez, altro attivista per i diritti gay, ha ammesso che “il sistema democratico cubano deve essere perfezionato”.
Le discriminazioni contro i gay. Per altri osservatori, invece, si tratta di un fuoco di paglia. Perché Mariela Castro, grazie alle sue solide parentele, può permettersi quello che altri deputati non possono, per alcun motivo. Inoltre, nonostante questa sua opposizione, rimane una ferma sostenitrice del regime castrista. Che, tuttavia, di recente ha avviato qualche flebile riforma, come l’apertura a limitate attività del settore privato e facilitazioni per la concessione dei visti in uscita. Mariela Castro, in passato, si è spesso battuta per legalizzare le unioni dello stesso sesso, che sinora però non sono ancora diventate legge. Questo nonostante un’apertura evidente del regime nei confronti degli omosessuali, duramente osteggiati e discriminati negli anni Sessanta e Settanta. Non a caso, Fidel Castro negli anni scorsi si è scusato per le persecuzioni del governo contro la comunità Lgbt
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